L’unica risposta a questa domanda è “dipende”: dipende da chi facciamo la domanda, dipende se stiamo parlando o scrivendo, dipende da chi vogliamo comunicare le cifre della pressione sanguigna e a quale scopo, dipende da quale paese ci troviamo…

Se facciamo la domanda a un metrologo puro e semplice o a un convinto difensore della standardizzazione linguistica nel campo delle lingue scientifiche specializzate, la sua risposta sarà chiara. La pressione è, come suggerisce il nome, una forma di pressione, una grandezza fisica che esprime la forza applicata in direzione perpendicolare su una superficie. Il sistema internazionale di unità – l’unico accettato per legge in Spagna e in tutta l’America Latina – misura la pressione in un’unità derivata chiamata pascal (o pascal), con il simbolo internazionale Pa ed equivalente a una forza totale di un newton (o newton) applicata uniformemente su un metro quadrato. Ogni scienziato di lingua spagnola a favore del sistema internazionale di unità, quindi, dovrebbe esprimere le cifre della pressione sanguigna in Pa o, al massimo, in N/m2.

Succede, tuttavia, che noi parlanti – medici e scienziati inclusi – spesso continuiamo a usare vecchie unità di misura che non sono più integrate nel sistema internazionale di unità, ma che troviamo ancora più comode e gestibili. Un esempio molto chiaro è la misurazione del tempo: usiamo ancora minuti, ore, giorni, settimane, mesi e anni anche se il sistema internazionale di unità riconosce solo il secondo come unità di tempo internazionale. Nessuno sano di mente esprimerebbe un’ora come 3,6 ks o una settimana come 604,8 ks? Bene, qualcosa di simile succede a noi in medicina, una disciplina molto attaccata alla tradizione, con molte unità di misura tradizionali che continuiamo a usare per comodità invece di quelle sostenute dal sistema internazionale di unità. La temperatura corporea, per esempio, è ancora espressa in gradi Celsius (°C) invece di kelvin (K); la glicemia in milligrammi per cento millimetri (mg% o mg/dl) invece di millimoli per litro (mmol/l); le dosi di insulina in unità (U) invece di millimoli o milligrammi.

Qualcosa di simile succede con la pressione sanguigna: nessun medico, per quanto scientifico e cartesiano, la esprimerà oggi in kelvin, per quanto l’Ufficio Internazionale dei Pesi e delle Misure insista. Se parliamo con altri medici o professionisti della salute, i medici di tutto il mondo (che si parli inglese, spagnolo o altre lingue) esprimono la pressione sanguigna in millimetri di mercurio (mmHg o mm Hg), e nemmeno nelle registrazioni più formali ci preoccupiamo di dare tra parentesi l’equivalenza in unità del sistema internazionale. Infatti, qualche medico sa che 100 mmHg equivalgono a 13,332 kPa?

Quando si tratta di comunicare il risultato ai pazienti, invece, le cose cambiano. Nei paesi di lingua inglese, le cifre della pressione sanguigna vengono date ai pazienti anche in millimetri di mercurio e nel formato 130/80 (letto come centotrenta su ottanta, senza indicare le unità), mentre in Spagna si cambia non solo il registro quando ci si rivolge ai pazienti (invece di “sistolica e diastolica”, per esempio, si dice “massima e minima” o “alta e bassa”), ma anche le unità. Quando parliamo con un paziente, non esprimiamo le cifre della pressione sanguigna nel formato 130/80, ma 13/8 (che si legge come “tredici-otto”, senza specificare la barra o le unità). Siamo così abituati a passare da un sistema di espressione all’altro, e a dare i numeri ai pazienti senza indicare le unità, che alcuni medici hanno persino dimenticato in quale vecchia unità di misura esprimono i numeri della pressione sanguigna quando parlano con un paziente. La risposta: in centimetri di mercurio, che era l’unità di misura abituale nei primi sfigmomanometri (sulla scia del primo barometro a mercurio progettato nel 1643 dall’italiano Evangelista Torricelli per misurare la pressione atmosferica).

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