The Black Arts Movement era il nome dato a un gruppo di poeti, artisti, drammaturghi, musicisti e scrittori neri politicamente motivati che emersero sulla scia del Black Power Movement. Il poeta Imamu Amiri Baraka è ampiamente considerato il padre del Black Arts Movement, che iniziò nel 1965 e terminò nel 1975.
Dopo che Malcolm X fu assassinato il 21 febbraio 1965, coloro che abbracciarono il movimento del Black Power spesso caddero in uno dei due campi: i nazionalisti rivoluzionari, che erano meglio rappresentati dal Black Panther Party, e i nazionalisti culturali. Quest’ultimo gruppo chiedeva la creazione di poesia, romanzi, arti visive e teatro per riflettere l’orgoglio della storia e della cultura nera. Questa nuova enfasi era un’affermazione dell’autonomia degli artisti neri di creare arte nera per la gente nera come mezzo per risvegliare la coscienza nera e raggiungere la liberazione.
Il Black Arts Movement fu formalmente stabilito nel 1965 quando Baraka aprì il Black Arts Repertory Theater ad Harlem. Il movimento ebbe il suo maggiore impatto nel teatro e nella poesia. Anche se iniziò nell’area di New York/Newark, si diffuse presto a Chicago, Illinois, Detroit, Michigan, e San Francisco, California. A Chicago, Hoyt Fuller e John Johnson curarono e pubblicarono Negro Digest (più tardi Black World), che promuoveva il lavoro dei nuovi artisti letterari neri. Sempre a Chicago, la Third World Press pubblicava scrittori e poeti neri. A Detroit, Lotus Press e Broadside Press ripubblicarono vecchie opere di poesia nera. Queste case editrici del Midwest portarono il riconoscimento a poeti sperimentali e all’avanguardia. Furono fondati anche nuovi gruppi teatrali neri. Nel 1969, Robert Chrisman e Nathan Hare fondarono The Black Scholar, che fu la prima rivista accademica a promuovere gli studi neri all’interno del mondo accademico.
C’era anche collaborazione tra i nazionalisti culturali del Black Arts Movement e i musicisti neri tradizionali, in particolare celebri musicisti jazz come John Coltrane, Thelonious Monk, Archie Shepp e altri. I nazionalisti culturali vedevano il jazz come una forma d’arte distintamente nera che era politicamente più attraente del soul, del gospel, del rhythm and blues e di altri generi di musica nera.
Anche se le opere creative del movimento erano spesso profonde e innovative, spesso alienavano anche la cultura mainstream sia nera che bianca con il loro crudo valore d’urto che spesso abbracciava la violenza. Alcune delle opere più importanti erano anche viste come razziste, omofobiche, antisemite e sessiste. Molte opere presentavano un’ipermascolinità nera in risposta all’umiliazione storica e alla degradazione degli uomini afroamericani, ma di solito a spese di alcune voci femminili nere.
Il movimento cominciò a svanire quando Baraka e altri membri di spicco passarono dal nazionalismo nero al marxismo a metà degli anni ’70, un cambiamento che alienò molti che si erano precedentemente identificati con il movimento. Inoltre Baraka, Nikki Giovanni, Gil Scott-Heron, Maya Angelou e James Baldwin raggiunsero il riconoscimento culturale e il successo economico quando le loro opere iniziarono ad essere celebrate dal mainstream bianco.
Il Black Arts Movement ha lasciato dietro di sé molte opere senza tempo e commoventi di letteratura, poesia e teatro. Ironicamente, nonostante la natura maschile del movimento, diverse scrittrici nere raggiunsero una fama duratura, tra cui Nikki Giovanni, Sonia Sanchez, Ntozake Shange, Audre Lorde, June Jordan e altre. Inoltre, il Black Arts Movement ha contribuito a gettare le basi per il moderno spoken word e l’hip-hop.