In musica, un motivo (pronuncia) (help-info) IPA: (/moʊˈtiːf/) (anche motivo) è una breve frase musicale, una figura ricorrente saliente, un frammento musicale o una successione di note che ha una certa importanza speciale in una composizione o è caratteristica di essa: “Il motivo è la più piccola unità strutturale che possiede identità tematica”.
L’Encyclopédie de la Pléiade lo considera una “cellula melodica, ritmica o armonica”, mentre l’Encyclopédie Fasquelle del 1958 sostiene che può contenere una o più cellule, anche se rimane il più piccolo elemento o frase analizzabile all’interno di un soggetto. È comunemente considerata come la più breve suddivisione di un tema o frase che mantiene ancora la sua identità come idea musicale. “La più piccola unità strutturale che possiede identità tematica”. Grove e Larousse concordano anche sul fatto che il motivo può avere aspetti armonici, melodici e/o ritmici, Grove aggiunge che “è più spesso pensato in termini melodici, ed è questo aspetto del motivo che è connotato dal termine ‘figura’.”
Un motivo armonico è una serie di accordi definiti in astratto, cioè senza riferimento a melodia o ritmo. Un motivo melodico è una formula melodica, stabilita senza riferimento agli intervalli. Un motivo ritmico è il termine che designa una formula ritmica caratteristica, un’astrazione tratta dai valori ritmici di una melodia.
Un motivo tematicamente associato a una persona, un luogo o un’idea è chiamato leitmotiv. Occasionalmente un tale motivo è un crittogramma musicale del nome coinvolto. Un motivo di testa (tedesco: Kopfmotiv) è un’idea musicale all’apertura di un insieme di movimenti che serve ad unire quei movimenti.
Scruton, tuttavia, suggerisce che un motivo si distingue da una figura in quanto un motivo è in primo piano mentre una figura è sullo sfondo: “Una figura assomiglia a una modanatura in architettura: è ‘aperta alle due estremità’, in modo da essere ripetibile all’infinito. Nel sentire una frase come figura, piuttosto che come motivo, la mettiamo allo stesso tempo in secondo piano, anche se è… forte e melodiosa”.
Ogni motivo può essere usato per costruire melodie, temi e brani completi. Lo sviluppo musicale utilizza una figura musicale distinta che viene successivamente alterata, ripetuta o messa in sequenza in tutto un pezzo o una sezione di un pezzo di musica, garantendone l’unità. Tale sviluppo motivico ha le sue radici nelle sonate per tastiera di Domenico Scarlatti e nella forma sonata dell’epoca di Haydn e Mozart. Probabilmente Beethoven ha raggiunto la più alta elaborazione di questa tecnica; il famoso “motivo del destino” – lo schema di tre note brevi seguite da una lunga – che apre la sua Quinta Sinfonia e riappare in tutto il lavoro in permutazioni sorprendenti e rinfrescanti è un classico esempio.
La saturazione motivica è “l’immersione di un motivo musicale in una composizione”, cioè, mantenere motivi e temi sotto la superficie o giocare con la loro identità, ed è stata usata da compositori come Miriam Gideon, come in “Night is my Sister” (1952) e “Fantasy on a Javanese Motif” (1958), e Donald Erb. L’uso dei motivi è discusso in “Il liceo di Schönberg” di Adolph Weiss.
Hugo Riemann definisce un motivo come “il contenuto concreto di un’unità di tempo ritmicamente fondamentale”
Anton Webern definisce un motivo come “la più piccola particella indipendente in un’idea musicale”, riconoscibile attraverso la sua ripetizione.
Arnold Schoenberg definisce un motivo come “un’unità che contiene una o più caratteristiche di intervallo e presenza ritmica che viene mantenuta in uso costante per tutto il brano”.