In One and Three Chairs, Joseph Kosuth rappresenta una sedia in tre modi: come una sedia fabbricata, come una fotografia e come una copia di una voce del dizionario per la parola “sedia”. L’installazione è quindi composta da un oggetto, un’immagine e delle parole.

Kosuth non ha fatto la sedia, non ha scattato la fotografia e non ha scritto la definizione; le ha selezionate e assemblate insieme. Ma questa è arte? E quale rappresentazione della sedia è più “accurata”? Queste domande aperte sono esattamente ciò a cui Kosuth voleva farci pensare quando ha detto che “l’arte è fare significato”. Assemblando queste tre rappresentazioni alternative, Kosuth trasforma una semplice sedia di legno in un oggetto di dibattito e persino di costernazione, una piattaforma per esplorare nuovi significati.

Un’immagine, specialmente una stampa positiva, registrata esponendo una superficie fotosensibile alla luce, specialmente in una macchina fotografica.

La rappresentazione visiva di qualcuno o qualcosa.

Una forma d’arte, sviluppata alla fine degli anni ’50, che comporta la creazione di un’esperienza estetica o sensoriale avvolgente in un particolare ambiente, spesso invitando un impegno attivo o un’immersione da parte dello spettatore.

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