Un esame della pervasiva ansia e fissazione per il tempo nell’arte degli anni ’60.
Negli anni ’60 l’arte è caduta fuori dal tempo; sia gli artisti che i critici hanno perso i loro riferimenti temporali in risposta a ciò che E. M. Cioran ha chiamato “non avere diritto al tempo”. Quest’ansia e disagio nei confronti del tempo, che Pamela Lee chiama “cronofobia”, ha attraversato movimenti, media e generi, e si è manifestata in opere che vanno dalle sculture cinetiche ai film di Andy Warhol. Nonostante la sua pervasività, il tema del tempo e dell’arte degli anni Sessanta è rimasto in gran parte inesplorato nei resoconti storici del periodo. Cronofobia è il primo tentativo critico di definire questa ossessione e analizzarla in relazione all’arte e alla tecnologia.
Lee discute la cronofobia dell’arte in relazione all’emergere dell’età dell’informazione nella cultura del dopoguerra. Le rapide trasformazioni tecnologiche che l’accompagnarono, compreso l’avvento dei computer e dei processi di automazione, produssero per molti un acuto senso di inconsapevolezza storica; il ritmo apparentemente accelerato della vita cominciò a superare qualsiasi tentativo di dare un senso al presente. Lee vede l’atteggiamento dell’arte degli anni Sessanta nei confronti del tempo come un preludio storico alla nostra attuale fissazione per il tempo e la velocità nella cultura digitale. Riflettere sull’ansia culturale degli anni Sessanta riguardo alla temporalità, sostiene, ci aiuta a storicizzare la nostra attuale relazione con la tecnologia e il tempo.
Dopo un inquadramento introduttivo dei termini, Lee discute argomenti come la “presenza” rispetto all’interesse per la teoria dei sistemi nell’arte degli anni Sessanta; la scultura cinetica e le nuove forme di media globali; la temporalità del corpo e la spazializzazione dell’immagine visiva nei dipinti di Bridget Riley e nella performance art di Carolee Schneemann; l’interesse di Robert Smithson per la serialità e il futuro, considerato alla luce della sua lettura dell’importante opera di George Kubler The Shape of Time: Remarks on the History of Things e la discussione di Norbert Wiener sulla cibernetica; e l’interminabile elaborazione del presente nell’arte degli anni sessanta, come si vede in Empire di Warhol e nel lavoro di On Kawara.