L’ex allenatore di Colts e Lions Jim Caldwell ha un record di 62-50. Questo è considerevolmente meglio, per esempio, del record di Jon Gruden di 63-78 dalla vittoria del Super Bowl XXXVII.
Quindi, sì, Caldwell dovrebbe essere preso in considerazione per un terzo incarico di head-coaching. A Houston, tuttavia, il tempismo della decisione di intervistarlo sembra strano.
I Texani non hanno un General Manager. A meno che il G.M. non riferisca all’allenatore, non c’è motivo di intervistare i candidati allenatori fino a quando un G.M. non sia stato assunto.
Se qualcuno dovrebbe essere diffidente sul successivo arrivo di un G.M., quello è Caldwell. Quando Bob Quinn divenne il nuovo G.M. a Detroit, era una questione di tempo prima che Quinn licenziasse Jim Caldwell e assumesse Matt Patricia. Caldwell è comunque andato 9-7 e 9-7 in due stagioni con un inevitabile licenziamento che incombeva su di lui.
Mentre va bene ed è opportuno che i Texani facciano un po’ di due diligence preliminare, non ha senso lanciare la ricerca dell’allenatore prima di aver assunto un G.M., a meno che l’allenatore non sarà a capo dello spettacolo a Houston. Data l’esperienza della squadra con l’ex allenatore Bill O’Brien, questo è improbabile. Quindi, a meno che i Texani non stiano semplicemente controllando la casella di conformità con la Rooney Rule, non ha senso intervistare i candidati allenatori senza prima assumere un G.M.
C’è un’altra eccezione, una che è difficilmente ideale per qualsiasi squadra NFL. È possibile che l’allenatore e il G.M. abbiano una certa autonomia, riferendo separatamente al proprietario Cal McNair (o, in teoria, al V.P. esecutivo delle operazioni di football Jack Easterby).
Questo pone le basi per una disfunzione, con l’allenatore che accusa il G.M. e il G.M. che accusa l’allenatore se/quando le cose vanno male. Dato il modo in cui le cose sono andate negli ultimi anni per i Texani, tuttavia, questo non può essere escluso.