L’hard bop è stato il centro del jazz mondiale dalla metà degli anni ’50 alla metà degli anni ’60, producendo molte centinaia di album immortali. Cercare di ridurli a una Top Ten definitiva è divertente, ma è un esercizio soggettivo e in definitiva impossibile.
Nel tentativo di evitare questi ostacoli, la lista che segue prende una strada un po’ meno battuta ed esclude le uscite più celebrate del genere, tra cui: Miles Davis’ Cookin’ With The Miles Davis Quintet (Prestige, 1957), Sonny Rollins’ Saxophone Colossus (Prestige, 1957), Thelonious Monk’ Brilliant Corners (Riverside, 1957), Art Blakey’ Moanin’ (Blue Note, 1959), Charles Mingus’ Mingus Ah Um (Columbia, 1959), Hank Mobley’ Soul Station (Blue Note, 1960), Giant Steps di John Coltrane (Atlantic, 1960), The Sidewinder di Lee Morgan (Blue Note, 1964), Song For My Father di Horace Silver (Blue Note, 1965), Unity di Larry Young (Blue Note, 1966), Mode For Joe di Joe Henderson (Blue Note, 1966) e Speak No Evil di Wayne Shorter (Blue Note, 1966). Cinque capolavori stellari, tutti quanti.
Per restringere ulteriormente il campo, la lista che segue si limita anche al filone straight-ahead dell’hard bop. Esclude lavori sperimentali di fine periodo come Evolution di Grachan Moncur, Point Of Departure di Andrew Hill, Out To Lunch di Eric Dolphy e One Step Beyond di Jackie McLean, tutti pubblicati su Blue Note nel 1964.
Quindi, supponendo che abbiate già gli album di cui sopra, eccone altri dieci da tenere d’occhio, alcuni ben noti, la maggior parte meno. Speriamo che possiate trovare una o due nuove delizie tra di loro.

HARD BOP: A ROAD LESS TRAVELLED

Howard McGhee
Howard McGhee Vol. 2
Blue Note, 1953
Si discute molto su chi abbia fatto la prima registrazione hard bop. La discussione ignora il fatto che la sincronicità ha giocato un ruolo tanto grande nella creazione dello stile quanto lo ha avuto nella nascita di qualsiasi movimento culturale, con una comunità di musicisti che ha assorbito simultaneamente lo zeitgeist attraverso una sorta di osmosi collettiva. Due dei contendenti più frequentemente citati per questo dubbio “primo premio” sono All Star Sextet (Prestige) di Miles Davis e A Night At Birdland Vol. 1 (Blue Note) di Art Blakey, entrambi registrati nella primavera del 1954 e pubblicati circa tre mesi dopo. Ognuno presenta Horace Silver al piano. Entrambi furono preceduti di ben dodici mesi da Vol. 2 di Howard McGhee, comunque, che fu registrato nella primavera del 1953 e pubblicato circa tre mesi dopo. Anch’esso ha Silver al piano. Gigi Gryce, che si sente al contralto, ha scritto gli arrangiamenti, che suonano freschi nel 2020 come dovevano esserlo nel 1953. L’album è certamente tra le prime registrazioni hard bop, e attraverso una combinazione di personale, composizioni, arrangiamenti e performance è anche, indiscutibilmente, il miglior album di McGhee. Il 10″ originale è rarissimo, ma la buona notizia è che la Blue Note lo ha ristampato su CD nella loro serie Connoisseur nel 1998, confezionato con un Tal Farlow 10″ del 1954.

Kenny Clarke
Bohemia After Dark
Savoy, 1955
You cannot keep a good man downHorace Silver è il pianista anche qui. Altri precursori dell’hard bop presenti sono Cannonball Adderley, Nat Adderley, Donald Byrd, Jerome Richardson e il bassista Paul Chambers. Alla fine di giugno del 1955 gli Adderley, che vivevano in Florida, fecero una breve vacanza a New York e la sera finale Cannonball si sedette con la band di Kenny Clarke al Café Bohemia nel Greenwich Village. Clarke fu così impressionato che chiese a Cannonball di ritardare il suo ritorno a sud di 24 ore e registrare questo album il giorno dopo (in uno studio, non al club). Cannonball chiese se anche Nat poteva venire con lui, e il resto, come dire…. Le sette tracce includono quattro brani degli Adderley, la title track di Oscar Pettiford e gli standard “Willow Weep For Me” e “We’ll Be Together Again”.
Sonny Clark
Cool Struttin’
Blue Note, 1958
Nella sua introduzione a The Blue Note Years: The Jazz Photography Of Francis Wolff (Rizzoli, 1995), Charlie Lourie ha raccontato una storia del Blue Note Festival tenutosi ai piedi del monte Fuji in Giappone nel 1986, al culmine della riscoperta dell’hard bop da parte di una nuova generazione di ascoltatori giapponesi. “Dove altro se non in Giappone”, disse Lourie, “si può vedere un campo pieno di quindicimila adolescenti e ventenni ruggire con eccitato riconoscimento alle prime quattro battute di ‘Cool Struttin’ di Sonny Clark? L’album di Clark incarna l’estetica hard bop della Blue Note e la band è similmente totemica: Art Farmer e Jackie McLean in prima linea, Paul Chambers e Philly Joe Jones che creano groove che non possono essere negati.
Freddie Redd
Music From The Connection
Felsted, 1960
L’elefante nello studio di praticamente tutti gli album hard bop registrati negli anni 50 e nei primi anni 60 era l’eroina. La maggior parte, se non tutti i dischi citati in questo articolo includevano almeno un consumatore abituale nella formazione e di solito più di uno. A volte l’intera band era strafatta. Una scomoda verità sull’eroina è che crea una straordinaria intensità di concentrazione. Persino Gil Evans, l’idea di nessuno di un tossico, testimoniò di averla usata a questo scopo mentre scriveva orchestrazioni alla fine degli anni ’50. Music From The Connection non fa eccezione, includendo Freddie Redd e Jackie McLean nel quartetto che lo realizzò. L’ironia è che il jazz e l’eroina erano il soggetto della commedia The Connection di Jack Gelber. Un altro noto utente associato alla produzione teatrale fu Tina Brooks, la sostituta di McLean.

Tina Brooks
True Blue
Blue Note, 1960
Tina Brooks fece quattro album a suo nome per la Blue Note tra il 1958 e il 1961, di cui True Blue fu l’unico pubblicato durante la sua vita. Si dice che Alfred Lion fosse insoddisfatto dei temi, a volte al limite, della band sugli altri tre, che per il resto sono realizzati immacolatamente. True Blue è il blinder però, con Freddie Hubbard che condivide la prima linea. La settimana prima che fosse registrato, Brooks e Hubbard erano apparsi insieme sul debutto di Hubbard alla Blue Note, Open Sesame, un disco altrettanto eccezionale.
Harold Land
The Fox
HiFi, 1960
Come la carriera di Tina Brooks, quella di Dupree Bolton fu distrutta in modo spettacolare dall’eroina. Bolton, che condivide la prima linea con Harold Land su The Fox, era un trombettista brillante il cui assolo stratosferico sulla title track è uno dei più grandi registrati da qualsiasi musicista jazz di sempre. Bolton visse fino al 1993, ma passò tutti gli anni, tranne una manciata, dal 1958 in poi, in prigione, per possesso di eroina o per frodi con assegni commesse per finanziare il suo vizio. L’altra sua eredità duratura è la sua apparizione su Katanga di Curtis Amy! (Pacific Jazz, 1963), che come The Fox fu registrato durante una breve pausa tra una condanna e l’altra.
Miles Davis
In Person Friday And Saturday Nights At The Blackhawk Complete
Sony International, 2003 (registrato nel 1961)
OK, è un po’ un imbroglio, perché questo cofanetto include quattro CD, e sono state pubblicate versioni a disco singolo. Ma proprio come i fan del quintetto new wave 1965-1968 di Davis devono avere il sette CD The Complete Live At The Plugged Nickel 1965 pubblicato dalla Columbia nel 1995, piuttosto che l’alternativa a CD singolo, così i fan dell’hard bopper Davis devono avere il set completo Blackhawk. La band è la perfezione dell’hard bop: Davis più Hank Mobley, Wynton Kelly, Paul Chambers e Jimmy Cobb. E anche le scalette sono paradisiache: “If I Were A Bell”, “On Green Dolphin Street”, “Walkin'”, “Someday My Prince Will Come”, “Autumn Leaves”, “Softly As In A Morning Sunrise” e “Bye Bye Blackbird” tra le selezioni. Davis stesso considerava la band e il materiale come passi indietro dopo la rivoluzione modale che aveva scatenato con A Kind Of Blue (Columbia, 1959), fatta con una formazione che includeva John Coltrane e Bill Evans. Ma era quello che i proprietari dei club volevano prenotare. La storia gli è grata.
Curtis Fuller
Boss Of The Soul-Stream Trombone
Warwick, 1961

Uno dei pochi album hard bop pubblicati dalla breve indie newyorkese Warwick, il cui maggior guadagno fu il combo rock ‘n’ roll Johnny &The Hurricanes. Su Boss Of The Soul-Stream Trombone, il leader nominale Curtis Fuller, dopo J.J. Johnson il primo trombonista delle date hard bop da Blue Train di John Coltrane (Blue Note, 1958) in poi, è riunito con Yusef Lateef per una delle rare uscite hard-bop non ricostruite di Lateef (un’altra fu Grantstand di Grant Green, registrata per la Blue Note nel 1961). Fuller e Lateef avevano già collaborato sul precursore astral-jazz di Lateef, Jazz Mood (Savoy, 1957), che comprendeva anche Ernie Farrow (il fratello maggiore della futura Alice Coltrane) al rabat afgano e al contrabbasso, e in cui Fuller raddoppiava con i piatti a dita turche. Chi l’avrebbe mai detto? I solisti principali su Boss Of The Soul-Stream Trombone sono Lateef e Freddie Hubbard. Il disco fu ristampato con il nome di Hubbard come Getting’ It Together (TCB, 1985). L’altra pretesa di Warwick alla fama hard bop è il primo album di Herbie Hancock, Out Of This World, pubblicato nel 1961, un anno prima del debutto del pianista alla Blue Note.
Grant Green
Feelin’ The Spirit
Blue Note, 1962
L’hard bop fu memorabilmente descritto come “The Power Of Badness” dal suo biografo, lo scrittore David H. Rosenthal, nel 1992. Rosenthal aveva in mente Lee Morgan in particolare, ma stava descrivendo l’atmosfera di registrazioni come “The Sidewinder” di Morgan, non Morgan stesso, che era a detta di tutti un uomo dal carattere dolce. Le radici blues dell’hard bop fornivano la cattiveria, ma lo stile era anche informato dalla musica della chiesa afroamericana. Grant Green, che ha servito la cattiveria bluesy in una legione di album della Blue Note, eccelle in questa collezione di spirituals e materiale gospel. Anche Herbie Hancock incanala lo spirito santificato in modo ottimale. Spesso trascurato nel catalogo di Green, che ha raggiunto il suo apice con Idle Moments (Blue Note, 1964), Feelin’ The Spirit suona una campana diversa ma altrettanto sonora.
Randy Weston
Randy! (Bap!! Beep Boo-Bee Bap Beep-M-Boo Bee Bap!)
Bakton, 1966
Ripubblicato come African Cookbook dalla Atlantic nel 1972, quando Randy! fu registrato nel 1964, Randy Weston non poteva essere arrestato. Fu costretto a fondare una sua etichetta, la Bakton, per pubblicarlo. Il gruppo, un sestetto, comprende anche i pilastri dell’hard bop Booker Ervin e Ray Copeland. Sei dei sette brani sono originali di Weston, arrangiati da Copeland. Con il batterista Lenny McBrowne, che in quattro brani è affiancato dai percussionisti Big Black e Atu Harold Murray, l’album enfatizza l’estetica già africana di Weston, un’eredità culturale al centro dell’hard bop fin dal suo inizio.
Foto di Hank Mobley: Francis Wolff

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